UOMINI SOLI


Quando nella vita, a soffrire è il “sesso forte”. La specialista racconta il dolore degli uomini, le loro solitudini e suggerisce una serie di fasi per tornare a essere felici.

 

 

 

Di Flavia Donadoni                                                                                                                                                      13.11.2014

 

 

Si parla spesso della condizione delle donne, e più volte abbiamo affrontato su De Armas argomenti a essa correlati, tra difficoltà domestiche, una nuova vita che si sviluppa con il matrimonio e le criticità legate alla distanza dal proprio compagno. Questa volta è il turno degli uomini, perché anche il loro universo è fatto di mille risorse, e così la loro condizione può essere ugualmente difficile di fronte a una crisi con l’altro sesso. A un primo sguardo salterebbe agli occhi la sola circostanza della separazione (che tratteremo ampliamente nel corso di questo articolo), ma vi sono anche altre situazioni, come quelle vissute dai single, protesi alla carriera, che una volta arrivati a ricoprire incarichi importanti dopo anni di studio, si accorgono di non saper gestire la comunicazione con le donne, e sviluppano le loro relazioni incentrandole soltanto sul sesso, senza essere in grado di concretizzare una relazione stabile e matura, pur desiderandola. Oppure ancora l’uomo innamorato che viene lasciato per un altro! Anche qui il dolore è grande…

 

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Le frequenti "incomprensioni" sono il primo sentore della crisi di coppia. Foto web

 

Nel caso del matrimonio le cose si complicano ulteriormente. Non hanno più la loro casa, la loro compagna né i loro figli. Molti di loro tornano a vivere nell’abitazione dei genitori, oppure si arrangiano sul luogo di lavoro, quando è possibile (ad esempio i militari in base ai profili professionali, hanno alloggio in caserma), oppure chiedono ospitalità a qualche amico. Qualche volta riescono a prendere un appartamento tutto per loro. Sono gli uomini separati... un esercito ormai (è proprio il caso di dire). Uomini che, spesso, di fronte alla loro compagna diventano vulnerabili, arresi, come se l'attaccare o difendersi dalla donna (che avevano giurato di proteggere per sempre) sembra impossibile.

Mia moglie ha aspettato che ci trasferissimo nella casa nuova, acquistata con i risparmi di una vita miei e di mio padre, per dichiarare che il nostro matrimonio era finito e che lei non voleva più vivere con me. Lei è rimasta nella nostra bella casa e io alla fine vivo tra casa dei miei e un piccolo pied a terre che mi sono fatto nel mio studio” racconta Marco, che dopo tanti anni dalla separazione ancora alterna rabbia e dolore nei confronti della ex moglie. E ancora Filippo, che si rabbuia ogni volta che viene nominata l’ex compagna. “Anche semplicemente programmare un week end fuori è diventato un incubo. Ancora non so quando riuscirò ad andare in vacanza con mio figlio perché, guarda caso, lei ha chiesto proprio lo stesso periodo per uscire con il bambino, solo che io ho il periodo di ferie obbligato, lei no”.

Massimo, invece, continua a parlare della ex moglie con una sorta di romantica nostalgia amorosa, alimentata dal ricordo mai spento della loro storia d’amore, di come stava bene con lei, nel loro castello fatato. Nonostante l’ex moglie abbia deciso praticamente di distruggerlo, di togliergli il figlio e di rovinargli la carriera professionale. Nonostante abbia speso tutti i suoi soldi per le cause civili e penali che ha dovuto affrontare dopo la separazione. Nonostante le ingiurie e le mortificazioni da parte di chi ha voluto sentire solo la campana della moglie e lo dipinge come un orco. Alberto perde tutta la sua verve quando il discorso scivola sulla figlia, ormai ventitreenne, e su come la abbia praticamente persa quando aveva 10 anni. La ex moglie, appartenente a una potente famiglia estera, ha creato una cortina di ferro intorno alla figlia impedendogli di vederla, fino a che lui è tornato in Italia e ha cercato di ricominciare la sua vita da dove l’aveva lasciata dieci anni prima e di reinventarsi anche un lavoro. “Adesso vivo nella casa che mi hanno lasciato i miei, ma non sono riuscito a ricostruirmi una famiglia. Quando anche ho incontrato un’altra donna con cui poter avere una storia importante, ero troppo scioccato e destabilizzato per la perdita di mia figlia e non ce l’ho fatta. Adesso mi ritrovo con niente. E la cosa più brutta è quando sai che tu non hai fatto nulla di male”.

 

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Le separazioni hanno conseguenze importanti non solo sul piano emotivo, ma anche economico. Foto web

 

Storie d’amore che si trasformano in guerre, distruzione, dove i figli sono utilizzati come arma per ferire o punire comportamenti scorretti coscienti o no, voluti o no, esistiti realmente o no. Una delle domande che pongo agli uomini che si rivolgono a me per avere sostegno e essere aiutati a elaborare la fine della loro storia è “Ma lei non si era accorto di nulla?”. “No, dottoressa, di nulla. Sì, sapevo che c’era qualche problema, ma chi non ne ha? A me il nostro rapporto andava bene così. Mi piaceva che facesse parte della mia vita, mi piaceva renderla felice. Facevo di tutto perché lei stesse bene, lavoravo tanto, la accontentavo nei suoi desideri”. Finché non scoppia la crisi, cogliendo il partner impreparato, sgomento. Arrivano accuse che suonano nuove, quelle che prima erano funzionali diversità nella coppia diventano motivo di scontro continuo, la coperta sembra essere sempre troppo corta e non riuscire a scaldare più. La distanza aumenta sempre di più finché...“E’ molto semplice e ti annuncio che succede così nei matrimoni: tutto quello che mi era piaciuto di lei mi sembrava insopportabile.

Le discussioni, attacchi di tachicardia, angoscia di tornare a casa, forse era andata via lei E poi vedevo l’auto posteggiata sotto casa, una vampata di felicità e di nuovo la paura delle discussioni e anche il desiderio che avvenissero, purché restasse lì con me. Alla fine avevo deciso di andarmene per paura che se ne andasse lei”. Parla Franco, uno dei protagonisti maschili di "Lucy", il bel romanzo di Cristina Comencini che ci fa vedere una storia d’amore dal suo inizio alla sua fine, ci fa cogliere i diversi punti di vista dei protagonisti, e ci aiuta a comprendere che in una coppia che si separa non c’è un vero unico colpevole, ma un insieme di eventi e di dinamiche che portano a quel risultato. Ognuno ha la sua responsabilità e tutti tanto dolore.

 

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Il divorzio è l'epilogo di un viaggio lungo e doloroso. Foto web

 

La mia responsabilità è sicuramente quella di non aver voluto vedere”, riconosce Antonio al termine del suo percorso terapeutico. " Mi spaventava ammetterlo, non sapevo cosa fare. Sapevo che eravamo sempre più lontani, ma forse in fondo non credevo di poter davvero meritare di più, mirare a una donna che mi amasse davvero per quello che sono e che non trovasse invece insopportabile il mio modo di essere, come è stato per la mia compagna negli ultimi anni della nostra convivenza. E poi sono sempre stato abituato a vedere mio padre continuamente bistrattato da mia madre, e così pensavo che fosse normale battibeccare tutto il giorno e poi amarsi. Mio padre e mia madre sono ancora insieme, ma quando ho cominciato a vedere che anche la mia attività professionale iniziava a risentirne ho capito che stavamo andando troppo oltre e che non era più normale”.

La mia angoscia principale erano i figli. Sapevo che nessun giudice mi avrebbe dato l’affido, e io non sopportavo di perderli. Così ho tirato avanti, anche se le cose tra noi erano ormai tese e siamo arrivati a un logorio impossibile. Così alla fine ha deciso lei, ma ormai la relazione tra noi è compromessa per sempre. Continuava a ripetermi che non le davo attenzioni, ma io lavoro tutto il giorno come responsabile di un negozio in un centro commerciale. Passo parecchie ore in mezzo alla gente, agli ordini, la musica a tutto volume e le luci a neon… quando torno a casa vorrei solo rilassarmi… bere una birra, scaricare la tensione con un po' di sport… lei vorrebbe raccontarmi dei suoi problemi con la madre, o con le amiche, o con le mamme dei compagni di scuola dei nostri figli… dice che è stanca e tesa e che si sente sola, ma io non riesco a comprendere come posso farle capire che la amo e che per me è importante. Non riesco proprio a collegare il mio bisogno di staccare con tutto con una mancanza d’amore nei suoi confronti”. 

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Gli uomini soli sono la testimonianza di una incompatibilità di fondo? Che il "felici per sempre" con la propria donna non esiste? Foto web 

 

E ancora Robert, che è venuto a sapere di un tradimento della moglie. E’ lontana, lo rifiuta fisicamente, non si stacca mai dal suo smartphone. Scoprirlo, averne le prove, è solo la conferma dei suoi sospetti. “mia moglie si è sposata giovanissima, e non ha mai lavorato. Dice che si annoiava, che non aveva avuto abbastanza esperienze. Io invece continuo ad amarla, ma non voglio diventare il suo zerbino, vorrei di nuovo la ragazza innamorata che era prima". Ma è davvero esistita quella ragazza innamorata? Una delle cose che più mi colpisce di alcuni racconti degli uomini è che la ragazza innamorata non si vede più, nemmeno si intravede. Dai loro racconti si delinea la figura di una donna arrabbiata, stanca, insoddisfatta, a volte già alla ricerca di un nuovo amore. Ma allora davvero, uomini e donne, sono due universi che non si incontrano? Davvero questo esercito di uomini soli è la testimonianza di una incompatibilità di fondo, che il “felici per sempre” non esiste, esisteva in tempi passati solo a prezzo di un sacrificio personale spesso delle donne? Ora le donne sembrano non essere disposte a fare più e, anzi, in alcuni casi si stanno prendendo (con gli interessi) il sacrificio delle loro antenate. Passiamo da donne che si affannano, sole con i figli, e arrivano a stento a fine mese mentre il marito si è rifatto una vita e cambia macchina ogni mese, a uomini soli che piangono la perdita del nido familiare e che spesso hanno subito la decisione della moglie di separarsi.

Ma dov’è la verità? Potremmo provare a fare come nel libro della Comencini, in cui ogni protagonista della storia ci racconta il suo punto di vista, illuminandoci gli angoli più nascosti e più bui e dandoci la possibilità di conoscere una parte della verità che sarebbe rimasta altrimenti ignota. Ignorare una parte della verità significa rischiare di sviluppare dei pregiudizi e di cristallizzarsi solo sugli aspetti che ci sono noti. Come se perdessimo lo spessore e il mondo diventasse piatto, come se per conoscere il mondo leggessimo soltanto un pezzo di cartina, perdendo gli odori, i sapori, le sensazioni che il mondo ci dà e che ci permettono di farne esperienza, di comprendere ("prendere con", arricchirci) e quindi di evolvere. Rinunciamo quindi alla facile tentazioni di trasformare il Principe e la Principessa della favola iniziale in orchi e megere cattive e proviamo a metterci gli occhiali tridimensionali e ad acquisire una diversa lettura delle storie. Alla fine non riusciamo più a giudicare nessuno di loro, abbracciamo la verità di ognuno e assumiamo una posizione compassionevole.

 

Prevenire è meglio che curare

Come affrontare questi momenti di crisi personale, frutto della difficile situazione affettiva? Ecco di seguito le “fasi” di un percorso lungo e impegnativo, ma che può rappresentare una sorta di “viaggio” per arrivare a mete superiori e concedere una seconda possibilità, quella di ritrovare se stessi e costruirsi una nuova esistenza.

1) Riconoscere i vissuti pre-separazioni

Quali sono i vissuti un attimo prima? Come quando si sta per prendere l’influenza, o si sta per cadere, è fondamentale  leggere in tempo alcuni segnali che indicano che la coppia non sta vivendo uno dei soliti momenti di down e di squilibrio ma che si sta avviando verso un punto senza ritorno:

  • tradimento o desiderio costante di tradimento
  • litigi frequenti senza chiarimento
  • distanza fisica
  • rapporti sessuali rari o assenti
  • svalutazione costante
  • alternarsi di tono depresso o esaltazione rabbiosa
  • incomprensione/incomunicabilità
  • paura della perdita
  • alternarsi di dipendenza e desiderio di fuga rispetto al partner
  • frequenti fantasie di vivere altre vite e realizzare altri desideri
  • insofferenza frequente rispetto alla vita familiare e al partner
  • paura di essere traditi

 

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 Migliorare la "comunicazione" all'interno della coppia può evitare ulteriori spiacevoli conseguenze. Foto web

 

 

2) Step fondamentali

Fino a qualche anno fa, i Pooh cantavano la volontà degli uomini:

"vediamo se si può

imparare queste donne
e cambiare un po' per loro,
e cambiare un po' per noi
."

(Pooh, Uomini soli)

 

Migliorare la comunicazione all’interno della coppia. In alcuni casi può bastare addirittura questo. Quando l’allontanamento è frutto prevalentemente di stanchezza, routine e difficoltà di comunicazione, diventare consapevoli del proprio modo di comunicare e modificare gli aspetti disfunzionali che facilmente danno adito ad equivoci può già permettere alla coppia di chiarirsi, smussare le asprezze e di riavvicinarsi.

  • Dedicare del tempo di “qualità” alla coppia, fare insieme delle cose che piacciano ad entrambi;
  • Se invece all’origine delle dinamiche relazionali c’è un malessere più profondo, un reale dubbio rispetto al poter continuare un progetto di coppia insieme, allora è necessario sbrogliare la matassa nei propri sentimenti, guardare con onestà dentro se stessi e ascoltare i propri vissuti;
  • avere una visione sistemica di quanto sta avvenendo, non rimanere ancorati solo sul proprio punto di vista ma sforzarsi di riconoscere anche quello dell’altro;
  • sciogliere le proiezioni riversate inconsapevolmente sul partner. Le proiezioni sono quello che impedisce di vedere l’altro per quello che è ma solo come schermo su cui proiettare i propri schemi precedentemente acquisiti o i propri bisogni. Rischiare, quindi, di andare a cercare nel partner quello che è mancato da bambini, e vivere poi l'ine
    vitabile frustrazione e delusione delle mancate aspettative;

 

Per queste situazioni dove le incomprensioni sono all’ordine del giorno, utile ricordare e applicare le sagge parole di Gurdjieff *:  “Prima di discutere con qualcuno occorre sapere e capire fino a che punto quella persona può comprendere le nostre parole. Per quelli che sanno, il parlare nonostante l’impossibilità di essere compresi dall’altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è saggio, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di capire”. 

3) Vissuti post separazione, vissuti e emozioni degli uomini. In queste fasi, tanti sono gli stati d’animo che riguardano il sesso maschile.

  • Impotenza
  • Vittimismo
  • Rabbia
  • Senso di colpa
  • Negazione
  • Perdita
  • Rassegnazione
  • Rinuncia
  • Sfiducia
  • Amarezza, delusione
  • Paura di non poter più costruire qualcosa di buono per sé
  • Senso di liberazione
  • Voglia di ricominciare

  

4) Come ripartire dopo la separazione

 

"Ma Dio delle città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Ma quaggiù non siamo in cielo,
e se un uomo perde il filo,
è soltanto un uomo solo
."

(Pooh, Uomini soli)

 

Già, ma come ripartire?

A questo punto proporre una scaletta con i punti è decisamente riduttivo.

L’"elaborazione del lutto”, la ricostruzione di una nuova identità in cui si è potuto integrare la perdita del nido familiare è un processo delicato che non ha un inizio e una fine netta, e i cui tempi sono soggettivi. Vivere questa fase è comunque fondamentale per ripartire. Pensare di saltarla buttandosi subito in un’altra storia o stordendosi, è una pericolosa illusione. In questo possiamo imparare dagli animali: hanno un tempo fisiologico per leccarsi le ferite, e poi di nuovo nella mischia, la vita ci aspetta. Leccarsi le ferite, elaborare la storia finita, ridefinirsi nella coppia genitoriale, ritracciare dei confini, ridefinire la relazione con i figli che probabilmente hanno risentito della separazione, ridefinire la relazione con la famiglia del partner. Il percorso di crescita, se necessario con l'aiuto di uno psicoterapeuta, fornisce l'opportunità di uscire dal ruolo di vittima piangente e rabbiosa e di assumersi le proprie responsabilità. Contemporaneamente facendo valere i propri diritti e, se possibile, rimanendo dentro di sé ancora aperti all’amore che comunque ha unito all’altra persona, che in molti casi è anche il padre/la madre dei propri figli.

 

 

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I figli possono vivere la frustrazione del padre come un segno di abbandono e lontananza. Foto web

 

 

5) La relazione con i figli

Anche solo trovare un nuovo equilibrio con i figli è un processo che richiede del tempo. Se l’uomo ha lasciato la casa coniugale e non ha ancora un posto suo dove stare, avrà difficoltà ad organizzare gli incontri con i figli. La relazione con i figli rischia di essere condizionata dalla presenza costante di altri (i nonni, altri parenti) o di essere vissuta solo fuori, tra cinema, ristoranti e centri commerciali, perdendo così l’intimità familiare, il senso di sicurezza che deriva dallo stare insieme padri e figli nel calore domestico. Perdono qualcosa entrambi, padri e figli, e diventa quindi importante trovare subito delle soluzioni anche pratiche. Il rischio è che incontrare i figli diventi troppo frustrante e che lentamente il padre inizi a delegare il suo ruolo genitoriale o una parte di esso. Che continui ad esempio a dare i soldi per il mantenimento e la firma per le varie autorizzazioni, che mantenga quindi la sua patria potestà, ma che manchi l’aspetto più intimo e nutriente della relazione. I figli possono risentire molto di questa situazione e vivere la frustrazione del padre come un segno di abbandono e di lontananza e quindi a loro volta assumere una posizione difensiva rispetto al disagio e al dolore. In “Mrs Doubtfire”, film ormai storico, il bravissimo e compianto Robin Williams si traveste da governante pur di mantenere un posto nella vita dei figli nella loro quotidianità. E ancora l'attore, a proposito delle esperienze nella sua vita reale (si era sposato tre volte) dice "Il divorzio è costoso, ti svuota il cuore attraverso il portafogli". (cit. in Il Mattino, 13 agosto 2014).

 

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Anche solo trovare un nuovo equilibrio con i figli è un processo che richiede del tempo. Foto web

 

La relazione con i figli piuttosto che essere trascinata nel dirupo del conflitto e dell’insicurezza rispetto al nuovo ruolo può diventare un punto di forza, un punto di luce da cui ripartire, un mantenersi saldo nella realtà per continuare ad offrire ai figli la propria presenza costante e rassicurante. Un po’ come dire che l’adulto deve rimanere sempre sveglio quando c’è un bambino reale di cui prendersi cura, non è possibile lasciare che il proprio bambino interiore prenda il sopravvento, perché devasterebbe il bambino reale, il figlio. Della relazione con i figli è ancora importante ricordare che i figli hanno sempre bisogno di un padre, e che questo non è sostituibile. Se la separazione ha creato una distanza, magari amplificata da una causa tra la coppia genitoriale e da triangolazioni in cui i bambini sono stati invischiati, non è mai troppo tardi per recuperare la relazione e riavvicinarsi ai figli. Anche un figlio ormai adulto ha bisogno di rileggere e ricollocare dentro di sé la figura paterna.

 

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La relazione con i figli può diventare un punto di forza. Foto web

 

Anche se sembra aver trovato un suo equilibrio e avere ormai la sua vita, la perdita/allontanamento di un padre è una ferita che continua a bruciare anche se ben nascosta. Nel lavoro terapeutico è frequente che in questi figli "abbandonati" , anche se adulti, emerga ancora forte il desiderio e la speranza in un riavvicinamento con un padre andato via di casa e poi piano piano perso nella nebbia. A volte il dolore resta cocente per anni, e anche se l’adulto può sapere che il padre è andato via spinto dalle difficoltà coniugali, una parte del bambino dentro di sé continua a pensare di essere stato abbandonato e non amato. L’amore di entrambi i genitori per i figli deve rappresentare un faro nella notte delle emozioni più basse, del desiderio di vendetta e distruzione verso l’altro e rappresentare l’occasione di evolvere e mirare a un obiettivo comune nobile come quello di non rovinare la vita dei propri figli e garantire loro un equilibrio psicologico. I tempi possono essere più o meno lunghi, fino a che ci si rende conto che quel senso di amarezza costante si è alleggerito, che di nuovo si osservano le cose belle, che ci si lascia rallegrare da una giornata di sole e che, anche se molte illusione sono andate perdute e alcune cicatrici sono ancora fresche, la vita continua e dalle cadute ci si può rialzare più forti di prima anche se un po’ ammaccati e con qualche ferita in più.

 

"Quando indietro non si torna
quando l'hai capito che
che la vita non è giusta
come la vorresti te
quando farsi una ragione
vorrà dire vivere (...)


Quando il cuore senza un pezzo
il suo ritmo prenderà

e la vita è un po' più forte del tuo dirle "ancora no"
quando la ferita brucia la tua pelle si farà.
Sopra il giorno di dolore che uno ha
."

(Ligabue, Il giorno di dolore che uno ha)

 

 

 

*Georges Ivanovič Gurdjieff (1866 - 1949) è stato un filosofo, scrittore, mistico e "maestro di danze" armeno. Dal suo insegnamento è nata una scuola per favorire la crescita personale e aiutare il superamento dei condizionamenti che limitano l'essere umano.

 

 

 

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Flavia Donadoni è psicologa e psicoterapeuta, lavora con singoli, coppie e famiglie. Ha una lunga esperienza professionale nel sostegno terapeutico delle donne, per il superamento di fasi del ciclo vitale e disagi relazionali. Nel suo approccio terapeutico ha approfondito l’utilizzo e l’integrazione di varie tecniche, tra cui quelle psicocorporee.  è curatrice di vari progetti dedicati alle donne, e autrice di articoli e approfondimenti su riviste specializzate. Per informazioni: www.flaviadonadoni.it - flavia.donadoni@gmail.com

 

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