TERRORISTI “2.0”?


Colto, integrato ma soprattutto “informatico”, il “volto” del terrorista del nuovo millennio.

 

 

 

I terroristi del terzo millennio possono avere volti e caratteristiche molto differenti da quelli del lontano passato. Mohammed Emwazi, ventisettenne, ricco e laureato, è stato recentemente riconosciuto come John il “tagliagole”, diretto responsabile del tragico epilogo delle vite di molti ostaggi di diversa estrazione e religione, divenuto famoso per lo stile “hollywoodiano” con cui si è “occupato” delle sue vittime, colpevoli di essere “occidentali”. L'Emwazi tuttavia, è solo uno dei volti del moderno terrorista dell'IS che per caratteristiche e background socio-culturale, si discosta enormemente dal recente passato. Ispirandosi deliberatamente alle dottrine dell'Islam più radicale, il moderno ISIS affonda le sue radici in un mondo oggi ancora combattuto dal delicato conflitto arabo – israeliano e dalle tensioni culturali e religiose, che si sono allargate anche nel mondo occidentale.

 

Mohammed-E..jpg

 

"Jihadi John" Mohammed Emwazi. Foto web

 

Tracciare un profilo psicologico di un soggetto è cosa assai ardita tuttavia, semplicemente leggendo sul web o sui media le innumerevoli notizie che circolano su “Jihadi John” e soci, è possibile cogliere delle sfaccettature del moderno “terrorista” di particolare interesse. In primo luogo, l'Emwazi (fonte: Il Gazzettino, 27 febbraio 2015) è un immigrato perfettamente legalizzato originario del Kuwait, cresciuto nella moderna Londra cosmopolita in una famiglia benestante, tanto da frequentare con profitto l'università laureandosi in informatica. “John”, ha avuto un'infanzia difficile, con un passato costituito da atteggiamenti prossimi allo stalking e incline alla violenza. In una certa fase della sua adolescenza, si è avvicinato alle dottrine dell'Islam più radicale, probabilmente anche grazie all'informatica, tanto da essere notato anche dai servizi segreti, oggi sotto accusa per esserselo lasciato scappare nel 2009. John però è solo uno dei tanti terroristi integrati presenti nei mille territori stranieri occidentali che conservano legami con l’organizzazione cui sono seguaci. Questi soggetti sono interessanti perché hanno scelto di combattere anche una guerra “2.0”. La rete abbatte le distanze, può dissimulare il vero e può distorcere la realtà ma nonostante questo oggi rappresenta un veicolo eccezionale di trasmissione delle informazioni e viene utilizzata enormemente dai moderni terroristi arruolatisi all’IS. L'utilizzo della rete e soprattutto dei cosiddetti “deep web” e “charter web” ossia quelle parti del web “sommerse”, inaccessibili a molti, che hanno permesso di ampliare le possibilità di reclutamento e indottrinamento, conservando un alto grado di anonimato. Queste nuove tipologie di reti e connessioni, sono costituite da numerosi e complessi algoritmi di cifratura e di sistemi di accesso dedicati, fruibili attraverso l’utilizzo di appositi programmi e browser modificati che permettono l’accesso a reti particolari come quella “TOR” (acronimo di The Union Router). Una siffatta struttura consente l’accesso senza lasciare tracce perché sia l’indirizzo di connessione che i dati trasmessi viaggiano tra i diversi computer connessi talvolta non risiedendo su uno specifico server.

 

Deep-Web.jpg  

Rappresentazione semplificata del Deep Web. Foto web

 

Recentemente a seguito dell’orrenda morte del pilota egiziano e delle decapitazioni di massa dei cristiani copti, la rete hacker di “Anonymous” ha annunciato l’oscuramento dei siti e il blocco delle infrastrutture informatiche utilizzate dal moderno esercito islamico per i propri scopi. Se ciò si concretizzasse si contrapporrebbero due “organizzazioni” che hanno fatto della rete informatica la propria dorsale per lo scambio delle informazioni e il perseguimento dei propri fini. Ciò che risulta di assoluto interesse è l’uso dell’informazione perché il moderno terrorista, come anche il moderno hacker, ha ben compreso che la divulgazione e/o la manipolazione di una notizia, in particolare su di un mezzo veloce come la rete, cui possono accedere genti di diversa estrazione sociale, età e istruzione, ha un forte impatto non prevedibile ma sicuramente destabilizzante. La situazione venutasi a creare vede due diverse “fazioni”, che pare ricalchino il modello di forze contrapposte che lo stratega americano John Boyd aveva utilizzato per descrivere quello che oggi conosciamo come il principio del cosiddetto “OODA” (Osservare – Orientare – Decidere – Agire)[1]. L’autore americano, studiando le dinamiche dei moderni conflitti bellici, in particolare a partire dalle battaglie aeree, ha delineato un valido modello applicabile ad una vasta gamma di processi decisionali, come quelli tipici delle attività manageriali.

 

OODA.jpg

Il ciclo OODA. Foto web

 

Il ciclo prevede l’osservazione attenta e scrupolosa delle mosse dell’avversario, momento necessario per l’impostazione di un’efficace e corretta strategia. Secondo Boyd, ciascuna delle forze contrapposte possiede un proprio ciclo diverso dall’altro e la vittoria finale è determinata dalla capacità di una di esse, di saper impostare un processo decisionale rapido, funzionale ed efficace, tale da paralizzare le scelte compiute dall’avversario. A guardare bene la strategia ISIS, appare interessante notare come l'aver spostato il conflitto nel mondo di Internet, ha ampliato il potere di suggestione nei confronti delle popolazioni occidentali, con post, video di esecuzioni, fotomontaggi e frasi deliranti sulla marcia contro l'occidente in grado, almeno all’apparenza, di alterare le capacità decisionali dei governi nella gestione della crisi. Citare John Boyd è doveroso perché il moderno esercito islamico potrebbe annoverare tra le sue fila anche “analisti” e “strateghi”, capaci di sondare le innumerevoli notizie presenti sul web, prodotte dalla stampa e dai media, sfruttandole ai fini propagandistici a proprio vantaggio.

Tutto questo ci fa comprendere come il moderno combattente possa essere una persona intelligente, istruita e aggressiva ovvero desiderosa di raggiungere i propri scopi, integrato e radicalizzato allo stesso tempo in territorio straniero. Infatti, l'IS non è un esercito effettivamente costituito, ma è frutto dell'aggregazione di simpatizzanti, militanti, foreign fighters, emissari addestrati, o lupi solitari e molte altre genti gravitanti attorno al mondo dell'Islam radicale attivo.

 

 

[1] “L’Arte della guerra di Boyd. Scienza, strategia, velocità, complessità” di Osinga Frans. P. B.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA