LA PERCEZIONE DELLA PAURA NELLA NUOVA SOCIETÀ MINACCIATA DAL TERRORISMO E LA RESPONSABILITÀ ETICA DELL’INFORMAZIONE GIORNALISTICA


 

 

 

di Cristina Ferrigni, giornalista radiotelevisiva                                                                                              12.11.2014

 

Stato di allerta in vista di possibili attacchi terroristici, minaccia nucleare, misure di prevenzione contro il rischio epidemia di Evd (Ebola virus disease), emergenza immigrazione. Il nostro Paese, oggi, vive l'incubo di nuove sfide che arrivano dai confini d'oltre continente. Pericoli reali o percepiti come tali, che incidono, in maniera determinante, sullo stato psicologico ed emotivo dell'uomo. Al di là delle false propagande terroristiche, frutto di un sistema "para-mediatico" che gioca le sue carte sull'impatto emozionale del lettore (vedasi l'"effetto bomba" che alcuni siti web provocano all'utenza con immagini cruente e notizie non accreditate), i mass media rivestono un ruolo fondamentale nella gestione delle notizie che riguardano situazioni di pericolo sul fronte dei conflitti, emergenze di salute pubblica internazionale, allarmi chimici, calamità naturali. É attraverso i mezzi d’informazione che le notizie di nuove incombenti minacce per un Paese, prendono forma, acquisiscono rilievo e influiscono sulla percezione di sicurezza degli abitanti. Pensiamo al carico emotivo che immagini e video cruenti, come la decapitazione del giornalista James Foley, per mano dei miliziani del'ISIS, o la recente decapitazione di Rehana (la 28enne curda simbolo della resistenza contro lo stato islamico in Siria) pubblicate sulla rete, hanno provocato sul lettore, diffondendo anche la conoscenza di una realtà terroristica finora probabilmente ignorata dai " non addetti ai lavori".

 

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Molto spesso la stessa tecnica d’impatto, viene utilizzata dai programmi televisivi: trasmettere immagini live di un evento critico, certamente più d'effetto che raccontarne la cronaca con un "servizio chiuso", è uno dei tanti stratagemmi a cui il mezzo televisivo fa ricorso per appagare l'insaziabile desiderio di immediatezza dell'ascoltatore. Un'arma a doppio taglio quella dei mezzi di comunicazione di massa, che, che se mal gestiti e non filtrati, corrono addirittura il rischio di diventare strumento di propaganda terroristica. Non è azzardato pensare che, in qualche circostanza, Internet possa addirittura diventare veicolo di divulgazione di messaggi sovversivi e di violenza da parte di gruppi fondamentalisti che utilizzano il web come una sorta di piattaforma pubblicitaria. Il tutto facilitato dalla complessa e a volte improbabile tracciabilità delle fonti sula Rete. L'opinione pubblica, di fronte a immagini di attentati, di stragi provocate da attacchi terroristici, percepisce quelle minacce in maniera molto più vicina e preoccupante.

 

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É opportuno ricordare che di fronte ad un evento critico entrano in gioco aspetti che hanno a che fare con la sfera della salute e con quella relativa la sicurezza delle persone. Come scongiurare, dunque, il rischio che la diffusione di alcuni contenuti sui mezzi di informazione possa (estremizzando il concetto) suscitare la curiosità del fruitore della notizia a tal punto da esserne influenzato? É qui che entra in gioco la sana e corretta informazione; quella tesa alla ricerca alla verità dei fatti, al racconto della cronaca degli avvenimenti, e nel caso di tv e siti web, attenta alla diffusione d’immagini sensazionalistiche che rischiano di accrescere la tensione sociale e, in alcuni casi, suscitano sentimenti di odio razziale e ideologico. "Comunicare il terrore" non significa "seminare il terrore". Presupposto imprescindibile e ben radicato in coloro che quotidianamente, nel rispetto della deontologia professionale, hanno il compito di informare l'opinione pubblica su tutto ciò che accade nel proprio Paese e nel mondo. Fondamento della professione giornalistica è la ricerca onesta della verità, principio assoluto per l'esercizio della professione.

Presupposto imprescindibile per l'esercizio della professione giornalistica, spesso in contrasto con una società complessa, che, come aveva definito Umberto Eco: "Sempre meno consiste nel dare notizia dei fatti e sempre più diventa produzione di fatti per darne notizia". É opportuno ricordare che molte testate giornalistiche (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Rai), nel tempo hanno creato dei propri codici di autodisciplina, al di là delle norme deontologiche ufficiali che ciascun professionista è tenuto a rispettare. Codici basati sui principi di responsabilità dell'informazione nella ricerca della verità, sulla imparzialità, sulla completezza dell'informazione attraverso la verifica dei fatti e delle fonti, così come recita l'articolo 2 della legge professionale. Il particolare clima di tensione sociale ed economica che l'Italia sta vivendo, con la minaccia di attacchi non convenzionali contro la popolazione civile, accresce la responsabilità etica e professionale del giornalista nel suo ruolo d’informatore.

 

 

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La comunicazione assume un compito fondamentale nella gestione della notizia legata a un evento critico o a situazioni di allarme sociale. La paura di un possibile attacco iper-terroristico (come gli esperti definiscono il terrorismo internazionale) suscita, nell'opinione pubblica, una reazione maggiore rispetto a un evento critico circoscritto al proprio Paese. Partendo dal presupposto che la sicurezza rientra tra i bisogni innati dell'uomo e che la percezione del rischio è data dalla sommatoria tra la componente razionale e una componente emotiva (Outrage, letteralmente tradotto in offesa), la paura di un imminente attacco terroristico sul nostro Paese viene vissuta come altamente probabile dalla società. É per questo che la minaccia NBCR (Nucleare Biologico Chimico Radiologico), influisce sulla società in maniera considerevole: sia dal punto di vista del rischio oggettivo legato alla natura stessa della minaccia, sia dal punto di vista della sfera emotiva, quando ci s’interroga sulla capacità del sistema italiano a trovare strategie efficaci per fronteggiare l'emergenza.

Spesso, lo stato di confusione del lettore è causato dal recepire notizie da Internet, da alcuni portali web di dubbia reputazione, a volte addirittura dai social network, attraverso un inappropriato passaparola tra amici virtuali e conoscenti che "condividono" link e messaggi di origine, in molti casi, non riconducibili a fonti ufficiali e accreditate. L'utilizzo dei nuovi supporti informatici (Smartphone e Tablet), se da una parte permette che l'informazione si propaghi alla velocità della luce, dall'altra rischia di indurre il fruitore a cogliere il messaggio in maniera superficiale e spesso confusa e contraddittoria. Affidarsi dunque a fonti d’informazione attendibili (quotidiani, radio, tv e testate on-line certificate), costituisce una garanzia per il lettore che sarà in grado non solo di acquisire notizie attendibili ma anche di guadagnarne in termini di percezione di sicurezza, scongiurando il rischio di paure infondate e stati di panico. Soltanto un’informazione corretta e leale può essere in grado di evitare falsi allarmi, restituendo alla società civile la razionalità e la lucidità per gestire in maniera efficace e opportuna le nuove sfide che la storia, quotidianamente, ci pone davanti.

 

 

 

Bibliografia

-        Z. BAUMAN, Il demone della paura, iLibra Editore Laterza, Prima edizione aprile 2014

-        L. NORSA, Risk, “Issue e Crisis Management”, IPSOA Wolters Kluwer, Milano, 2009

-        M. PARTIPILO "La deontologia del giornalista", Centro di Documentazione Giornalistica, 2009

-        L. POMA, G. VECCHIATO, Crisis Management, Gruppo24Ore, Milano, Prima edizione, 2012

-        “Quaderno della Rivista trimestrale della Scuola di perfezionamento per le Forze di Polizia”, 2014

 

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