BREVE (MA PROPRIO BREVE) SAGGIO SULLA LEADERSHIP


 

 

 

Di Leandro Abeille, del 23 ottobre 2014

 

 

Premessa

Viviamo in un'epoca governata dalla mancanza di responsabilità e se qualcosa va male è sempre colpa di qualcun altro. Allo stesso tempo siamo alla ricerca di qualcuno che risolva gli atavici problemi che ci attanagliano, in politica, in economia, nel lavoro, alla ricerca del leader perfetto a cui rivolgere lo sguardo e la fiducia. I nostri attuali capi ci dicono che la colpa dello sfacelo è degli altri, di quelli che vivono al di sopra delle loro possibilità, di quelli che hanno votato la parte sbagliata, di quelli che si "ammalano" il giorno della partita della nazionale, di quelli che vogliono troppi diritti, di quelli che non fanno il loro dovere. Dal punto di vista dell'organizzazione lavorativa, le ricerche sembrano anche dargli ragione, infatti da quella storica che sostenne che il 50% dei lavoratori non si impegnavano quanto richiesto, mentre il 75% affermava che avrebbe potuto essere significativamente più utile nel processo produttivo[1], è stato un susseguirsi di accuse ad "inefficienze" dei lavoratori (in sostanza anche chi parla di "sistema" poi incide sui lavoratori). Sarà pure un  vecchio proverbio tuttavia non troppo desueto, ma in tanti dovrebbero ricordarsi che "il pesce puzza dalla testa". Se le nazioni vanno male, se le guerre si perdono, se la produzione non decolla è solo e sempre colpa dei leaders.

 

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La leadership

Gli uomini sono ossessionati dalla leadership: un vecchio adagio napoletano dice: O cummandà è meglio d'o fottere[2]. A prima vista può sembrare un'affermazione forzata ma stando a quanto raccontano gli uomini di potere è vera, considerando anche l'altro assioma, gli uomini (e le donne) di potere non hanno mai avuto problemi a trovare persone per il sesso. Sarà la predisposizione per il maschio (o femmina) alfa, sarà che in fondo il partner di potere garantisce maggiori vantaggi sociali ed economici, l'assioma resiste da secoli.

Essere il capo, il leader, è stato il pallino degli uomini da sempre. Durante l'evoluzione si è assistito ad una diversificazione nelle qualità che era necessario avere per essere un capo: il più forte, il più furbo, il più spietato, il più raccomandato (da Dio o dagli uomini), il più carismatico, quasi mai quello con il Q.I. più alto e questo almeno intuitivamente ci può dare delle indicazioni. Dal punto di vista macrosociale, la leadership, storicamente, ha portato allo sviluppo umano grandi occasioni di benessere anche se più spesso il comando ha portato deprivazioni e patimenti. Poche le leadership veramente illuminate e tante quelli caratterizzate da cattiveria, avidità, paura, senso di superiorità che hanno causato sofferenze inenarrabili per il genere umano. Forse è proprio per questo che da secoli l'uomo è alla ricerca del messia, il leader perfetto, colui che garantisce pace e prosperità.

Parlando di leader, che in italiano si traduce in "colui che guida", non si può non azzardare una definizione, alla buona verrebbe da definirlo come colui che ha il comando e non sarebbe sbagliato in una gran parte di casi, ma poi si scoprirebbe presto che non sempre il leader è quello che da, almeno ufficialmente, gli ordini. Esistono oltre 300 diverse definizioni di leadership elaborate negli anni e non tutte hanno passato la prova del tempo, spesso si confonde anche la figura del leader con quella con il "boss", il capo. 

 

 

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Leader vs Boss

C'è una gran bella differenza tra leader e capo anche se il capo è una determinata figura di leader. Entrambi comandano ma le persone obbediscono al capo perchè devono, mentre obbediscono al leader perchè vogliono. Non necessariamente il leader è buono ed il capo cattivo, i poliziotti obbedivano al capo della polizia mentre cercavano un latitante, Raffaele Cutolo, a cui i "cutoliani" obbedivano per scelta. A livello di immagine potrei affermare che il leader è il capo muta, traina con la sua forza gli altri cani da slitta, il capo è l'uomo che si fa trainare. Dal punto di vista contenutistico il leader è il direttore del giornale, il capo è l'editore.


 

Nella storia si potrebbero individuare 4 tipologie di leader:

 

  • Leader/Capo "per mandato divino", è quello che ha vinto un concorso, che è stato scelto dalla politica per un posto prestigioso, spesso un raccomandato. Comanda perchè cosi è previsto dalle norme, non gli interessa che i suoi uomini siano d'accordo, gli è sufficiente che facciano quanto lui ordina. Spesso, questa è una categoria obbligata, il giovane ufficiale che viene nominato a capo di un plotone rappresenta sempre questa tipologia di leader. La preoccupazione più grande per questa entry-level di leader è conquistare autorevolezza nei confronti dei propri sottoposti: alcuni iniziano una strutturazione cognitiva e formativa per crescere come guide dei propri sottoposti, altri si accontentano di dare ordini a chi ha un livello più basso, compiacendo chi li ha messi in quella posizione. Quando non c'è nessuno sopra, semplicemente dispensano premi e punizioni al fine di mantenere il potere, come faceva Stalin. Se dovessi fare un esempio in questa categoria rientra ad esempio una figura non troppo amata come il Gen. Cadorna, tutti quegli AD di imprese di Stato che hanno preso la direzione di aziende più o meno sane e le hanno lasciate in condizioni peggiori. Avrebbero potuto fare un buon lavoro hanno preferito burocratizzare, svuotare ed uscire egoisticamente dal pantano. Se sbaglia è colpa degli altri: "ah! se avesse le risorse umane che hanno gli altri leader farebbe miracoli...". Se ha successo è tutto merito suo, anche se gli altri hanno collaborato, ma senza di lui "il deserto".

 

  • Leader carismatico, è quello che ha qualcosa in più, perché emana fascino, perché gli altri lo ascoltano e lo rispettano, perché è coinvolgente, perché ha il “tocco” anche quando sbaglia e i risultati sono disastrosi. A distanza di anni e addirittura secoli, questa tipologia di leader avrà comunque dei proseliti:  Mussolini, Hitler, il "Che" Guevara, Stive Jobs, Khomeini, Osama bin Laden, Osho sono esempi di questa tipologia di leader, sono campioni della storia, vincitori o vinti che siano, ci ricorderemo sempre di loro perchè sono fonte d'ispirazione per intere comunità.

 

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  • Leader naturale, è quello che ha le doti da condottiero, perché ha sempre tutto sotto controllo, è il capo perché è il più forte, o il più scaltro, è il primo ad entrare e l'ultimo ad uscire spesso viene dal basso ed ha conquistato la sua leadership grazie alle sue qualità. E' il più tenace di tutti i leader, persegue le sue idee e la sua visione con fiducia incrollabile a volte facendo ricorso all'autorità necessaria riservata ai tempi difficili. L'idealtipo sarebbe il capitano James T. Kirk della USS Enterprise, ma anche Napoleone, Patton, Leonida e Margareth Thacher, inflessibile nelle sue riforme, spesso impopolari, decisa a tutto nel voler riconquistare le isole Falkaland in un'operazione tanto pericolosa per una disfatta, quanto fu vincente nella realtà.

 

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  • Leader inconsapevole, è gentile, è il papà e la mamma degli altri, è la persona che sa quello di cui gli altri hanno bisogno, colui che ha la cura giusta. E' orientato al fare più che al comandare, ha una posizione di comando per aiutare di più e non per scopi personali. Parla al cuore delle persone e ha la capacità di trasformare una massa in un popolo. Sono stati leader inconsapevoli il Mahatma Gandhi o Enrico Berlinguer. Tutti ammirano questo tipo di leader ma lui non sembra non accorgesene e a volte perde occasioni per raggiungere posti di comando come successe a Henry Dunant. A volte "durano" molto poco come Papa Giovanni Paolo I.

 

Leader e Manager

Spesso si sente parlare di manager, uomini di comando che non sono nè capi nè leader ma gestiscono risorse produttive ed umane. La gestione del manager è volta al miglioramento della produzione, al profitto, ma poco c'entra con la visione del futuro, degli obiettivi da prefissarsi.

I manager, discepoli del Tylorismo, gestiscono le risorse per fare le "cose" nel modo giusto (produrre nel modo giusto, seguire le procedure nel modo giusto), i leader, al contrario fanno ciò che si deve: la cosa giusta. Il leader è colui che possiede il know-why (il sapere perchè) prima del know-how (sapere come) dei manager.

Il manager è una figura intermedia che a livello tecnico-gestionale pone in essere la visione del leader. E' veramente pericoloso affidare ad un manager  la responsabilità della visione, sarebbe come dare il governo di un grande paese in mano ai tecnici. Un disastro. Nessuno ricorda il governo Monti per la visione futura ma tutti lo ricordano per una serie di balzelli volti a far quadrare dei conti che hanno creato solo disperazione ulteriore. Un manager rende gli operai più specializzati, il leader li rende orgogliosi. Uno dei grandi problemi dell'industria italiana degli ultimi 30 anni è che abbiamo avuto sempre manager e mai veri leader. Morti i veri "capitani" d'azienda[3], è morto anche il sogno che faceva dell'industria italiana una realtà d'eccellenza. La visione dell'imprenditore leader si è trasformata nella spasmodica ricerca del profitto attuale. Non è un caso che le nostre industrie siano in mano a stranieri o emigrate oltreconfini.

 

Leadership e potere

Si potrebbe definire il leader come colui che ha il potere. Il potere, quasi sempre, si confonde con il sopruso, l'obbligo di ubbidire a qualcuno che ce l'ha da parte di chi ne è sprovvisto. Il potere storicamente è stato associato al comando, che è collegato più al mantenimento della propria posizione di predominio, di uomini su altri che ha causato tanti dolori e morti all'umanità. Il potere, presupposto generale del comando che dà luogo all'adagio napoletano, faceva dire al compianto Giulio Andreotti che "logora chi non ce l'ha" edè ciò a cui le persone aspirano. Il leader/capo ha il "bastone del comando", l'autorità, il leader, invece, basa il suo comando perlopiù sull'autorevolezza, solo in rari casi sull'autorità.

Il leader ha una visione che coinvolge e affascina gli altri, il suo essere speciale è rappresentato dalla fiducia con la quale pone in essere il suo sogno. I soldati italiani durante la prima guerra mondiale davano l'assalto alle trincee perché costretti, se fossero tornati indietro li avrebbero fucilati, i giapponesi della seconda guerra mondiale o gli iraniani della guerra Iran - Iraq si gettavano sul campo di battaglia da volontari. La morale della storia è che nessuno muore volontariamente per un "capo" mentre in tanti hanno dimostrato di farlo per un "leader".

Definendo allora, con accortezza, il potere del leader, potremmo affermare che è "l'energia sostanziale per intraprendere e sostenere l'azione che traduce l'intenzione in realtà"[1] che coinvolge la realtà e gli uomini che lo circondano.

La ledership trasferisce alla propria organizzazione o al proprio paese o ai propri uomini una visione che essi fanno propria e perseguono con fiducia, la stessa che anima il leaderIn questo senso la leadership non è sterile dominio ma interazione in cui il leader e i seguaci tirano fuori il meglio di loro, in uno scambio quasi energetico da cui tutti gli attori traggono fiducia, consapevolezza e nel caso, speranza. Quando il leader incontra i seguaci il primo è rinfrancato dal consenso ricevuto e i seguaci dalla guida che li accomuna e li spinge a fare le cose necessarie alla riuscita della visione. Non si cada nella erronea convinzione che il leader non sia un capo, il leader è assolutamente un capo e senza discussioni, ma comanda perchè "è" e non perchè riveste semplicemente un ruolo. Questo potere è tanto più grande quanto più è innovativa la visione: non si sfida l'impossibile – come sostengono molti autori – ma quello che appare impossibile. Differenziare l'impossibile da quello che appare impossibile è uno dei punti fondamentali della vita dell'uomo, che a volte raggiunge obiettivi che prima apparivano impossibili, il discrimine è un'operazione che si può fare solo in seguito per questo: "dare the impossible[5]" è un obiettivo dei leader.

 

Il vero potere del leader

Il leader che non comunica la sua visione, semplicemente è un sognatore. Non basta avere la visione è fondamentale comunicare questa visione persuadendo gli altri che è il modo giusto di afforntare, la vita, il mercato, la guerra. Gli uomini seguono un leader fino all'inferno e ritorno perchè sono intimamente convinti di fare la cosa giusta. Questa incrollabile fiducia non arriva in pochi giorni ma in periodi più lunghi, fatti di osservazioni, di prove, di scoperte da parte dei seguaci, perchè il credo verso il leader si costruisce grazie al comportamento di questo: non si guida con le parole, lo sanno tutti (ma in pochi lo fanno), si guida con l'esempio. Non basta, la leadership in alcune circostanze è come la navigazione durante la tempesta, non è il panico e l'abbandono della nave che fanno un leader ma la fede nelle capacità e nella giusta rotta, la calma di chi è al timone che lo pone come faro per gli altri. Ecco allora la più corretta definizione per un leader: un faro nella notte, nella tempesta e persino nella bonaccia.

Oltre alla visione, il non fuggire alle avversità, il non rimangiarsi quanto affermato (un'ora, un giorno, un mese, un anno, prima), l'incrollabile tenacia nel perseguire il suo "sogno" fa di un uomo un leader. Nella sede McDonald's capeggiava una frase di Ray Kroc: " Nulla al mondo può sostituirsi alla tenacia. Non il talento: non si contano gli uomini di grande talento che hanno fatto fiasco. Non il genio: quello del genio incompreso è quasi un proverbio. Non l'istruzione: il mondo è pieno di derelitti istruiti. Solo l'ostinazione, la tenacia, la determinazione possono tutto."

 

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La tenacia è fondamentale sia per perseguire la propria visione sia per trasferire questa visione agli altri. Le novità ad esempio sono sempre portatrici di resistenze da parte di chi vorrebbe invece mantenere lo status quo solo con determinato impegno e la giusta comunicazione si vincono queste resistenze.

La tenacia è collegata alla propensione a non arrendersi mai[1], questa volontà non è solo un avvertimento per i nemici ma anche una garanzia per gli amici che si affidano al leader. Alla lunga chi non si arrende mai, ottiene quanto si prefigge.

Tenacia non vuol dire boria, tenacia vuol dire impegno a veicolare le proprie idee. Per questo è assolutamente necessario per un leader saper comunicare e, senza dilungarmi verso la comunicazione efficace, vorrei ricordare che quest'ultima si garantisce con le parole solo in minima parte, soprattutto con l'ascolto e l'esempio per "rendere comune[2]" con gli altri la visione.

Il leader non è un super-uomo e neanche ci si comporta ma è consapevole dei suoi punti di forza e delle sue debolezze. Coltiva i suoi punti di forza e migliora le sue debolezze costantemente. Un leader di 20 anni fa probabilmente non lo sarebbe oggi, sono richieste sempre più conoscenze poichè la "visione" è proiettata al futuro e non al passato e spesso quello che va bene oggi non sarà così vincente domani. Spesso il progresso annulla delle visioni, per questo il leader attento è pronto ad aggiornare la sua, altrimenti fallisce, cercando di produrre pellicole fotografiche nel mondo delle foto digitali.

Di certo il leader s'impegna per vincere, chi lo fa per pareggiare ha già perso. Questa la sostanziale differenza tra terrorismo rosso e nero in Italia, mentre i primi combattevano per rovesciare il governo e cambiare lo status quo, i secondi lottavano per non scomparire ma senza una precisa strategia di sostituzione del governo. Al di là delle differenze "militari" e di risorse umane tra i due tipi di terrorismo, quello di sinistra fu immensamente più difficile da combattere rispetto a quello di destra. Ad ogni modo, i leader del terrorismo rosso ancora sono sulla breccia, mentre quelli di destra perlopiù cercano l'oblio.

 

Il leader e gli altri

Troppo spesso i leader sviluppano un senso di superiorità rispetto agli altri, si sentono "intoccabili" e diversi dalla massa. Il leader tuttavia, non è un grosso chiodo in mezzo agli spilli ma una calamita da sarto, circondata da spilli. Attira non respinge, richiama a sè non da sfoggio di grandezza.

Se gli altri si rivolgono al leader con rispettosa deferenza, lui ricambia la deferenza con lo stesso rispetto: sono gli altri a rendere grande un leader non la misura della sua boria. Essere alla guida non vuol dire essere in cima alla catena alimentare ma un faro per gli altri.

Al di là della visione onirica del leader, nel rapporto con gli altri:

  • affronta le relazione nel presente e non nel passato verso un futuro comune (il faro illumina la strada di oggi e domani, quella di ieri ha già indicato la via);
  • riserva la stessa attenzione cortese a tutto il suo entourage, ascoltando e valutando quanto gli viene proposto, tutti potrebbero avere delle buone idee[1];
  • valuta le persone, ne saggia le qualità, dando fiducia agli altri: a lungo andare anche l'eccessiva fiducia, pur se qualche volta mal riposta, si rivela più sensata del presupposto che tutti siano incapaci e falsi. Le persone hanno bisogno di fare il loro lavoro senza sentirsi oppressi, valutare i risultati è vincente rispetto a valutare il tempo di permanenza del sedere sulla sedia;
  • ha la capacità di accettare le persone come sono, non come si vorrebbe che fossero (si può addestrarli nella maniera più dura o più efficente, i pesci non si arrampicheranno mai sugli alberi, ma possono nuotare meglio di tutti);
  • lavora con quello che ha (e non con quello che servirebbe a livello ottimale), cercando di tirare fuori il meglio dagli altri. Sono capaci tutti a vincere un campionato di calcio mettendo in campo 11 fenomeni, il vero leader si riconosce quando vince un campionato con 11 giocatori normali;
  • addestra[2] il suo team. Il talento è una buona base di partenza ma l'addestramento rende perfetti. Questo assioma è quello che rende vincenti centinaia di forze speciali in tutto il mondo;
  • elimina chi, nonostante tutti gli sforzi, non condivide la visione. Rimanendo vero tutto quanto è stato affermato sulla necessità di condividere e di convincere della visione, alla fine però non si porta in battaglia che è recalcitrante allo scontro, non si inserisce in un team medico che propone una certa cura, chi è strenuo difensore di una cura diversa;
  • delega la gestione agli altri poichè sarebbe impensabile trasformare la visione in realtà facendo tutto da soli, si delega a secondo della competenza che è modulata all'interno di un team (anche il lavoro del faro è aiutato da altre luci dentro e fuori il porto). Una cosa deve essere certa ognuno ha il suo compito ma uno solo è al comando[3];
  • rende il clima confortevole[4], tanto che abbandonare quella visione e quel gruppo riesce estremamente difficile (durante la tempesta il faro guida verso il porto, un luogo sicuro);
  • agisce senza bisogno della continua approvazione o del riconoscimento degli altri.

L'ultimo punto riveste un fattore fondamentale per il leader che deve pensare al risultato positivo e non al fallimento. Un leader che in maniera costante cerca l'appoggio degli altri si prefigura il fallimento e con questi vuole condividerlo insieme alle responsabilità. Chi tuttavia, sugli sci, pensa a non cadere invece che sciare prima o poi cadrà. I fallimenti, come le cadute sugli sci, fanno parte del processo di apprendimento,trarre l'insegnamento giusto da ogni piccolo o grande fallimento costituisce il segreto che permette di non far spegnere il faro (che il leader rappresenta).

 

 

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Scena dal film "Il diavolo veste Prada". Foto web

 

Caratteristiche personali del leader

Oltre a quelle desunte da quanto già detto è fondamentale capire che la visione è una gran cosa ma un leader non può vivere in un mondo tutto suo: un leader è un realista sognatore, non un disadattato. Il mondo è ciò che è, non è quello che si vorrebbe, la visione serve a cambiare quella parte del mondo che la stessa comprende in un universo che funziona in un certo modo. Il mondo può essere cambiato, con la consapevolezza che grandi cambiamenti necessitano di proporzionali visioni e tenacia.

Rimane ovvio che il leader debba essere sveglio per vedere le occasioni, tempestivo per afferrarle e priciso per non disperdere le forze. Di solito un vero leader rende le cose semplici ed è nemico della burocrazia. Quando ha ragione non la fa pesare e quando ha torto sa come ammettere le proprie responsabilità, spendendosi per sistemare gli errori.

Non esiste un leader senza un gruppo di supporto che gli sia fedele e vicino: la squadra è vincente, da soli si diventa dei "lone-wolf" (lupo solitario) con una grande visione, di cui sono pieni i centri Caritas.

Ci sono centinaia di libri con migliaia di pagine che insegnano cosa dovrebbe dire o fare un leader. In realtà il leader già sa quello che deve dire o fare e se sarà un leader o uno sfigato lo dirà il tempo a prescindere dalla vittoria o dal successo. Gesù è stato crocifisso ma è stato un faro per miliardi di persone. Se qualcuno trae ispirazione da quanto un leader dice o fa e lo segue allora la leaership c'è. Se poi anche la visione è quella giusta allora la leadership è completa.

Tuttavia, il vero leader è descritto con maggiore attenzione nelle conclusioni.

 

Conclusioni

Se alla fine di quanto scritto, il gentile lettore crede di essere un leader mentre le risorse umane che guida pensano che sia un idiota, con ogni probabilità non è un leader ma un idiota.

 

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Leandro Abeille è sociologo alla LUdeS University di Lugano. Sociologo, OSCE Law Enforcement Instructor. Dottorando di ricerca presso l'Universita LUdeS di Lugano (CH) e direttore del Magazine Freepress di approfondimento "Roma Sì" (anche su www.romasi.info).

 

 

 

[1]   Daniel Yankelovich et al., Work and Human Values, Public Agenda foundation, New York, 1983, pp 6-7.

[2]   Comandare è meglio del fare sesso.

[3]   Tra gli altri a titolo esemplificativo: Camillo Olivetti, Giuseppe Colombo, Napoleone Leumann. 

[4]   W. Benis e B Nanus, Leader Anatomia della Leadership, Francoangeli, Milano, 1988, pag 23.

[5]   Maj. Gen. Wiliam A. Cohen, Secret of Special Ops Leadership, AMACOM, New York, 2006, pp 48 e ss.

[6]   Cfr. Maj. Gen. Wiliam A. Cohen, Op. Cit., pp 191 e ss.

[7]   Che è appunto il significato originario di comunicare.

[8]   Cfr. Robert Slater, 29 Leadership secrets from Jack Welch, McGraw-Hill, New York, 2003, pp 6-7.

[9]   Inteso come: conoscere, aver assimiliato, aver provato.

[10]  Cfr. Jeff and Lt. Cmdr Jon Cannon, Leadership Lessons of Navy Seals, McGraw-Hill, New Yourk, 2003 pp. 53 e ss.

[11] Per confortevole intendo un luogo dove si vuole stare a tutti i costi. La prima settimana dell'addestramento SEAL è tutto furochè confortevole ma sono certo che gli uomini che vengono addestrati vogliono con tutte le loro forze rimanere in addestramento e concludere il corso.

 

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