GIORNALISTI IN TEATRO OPERATIVO, IL CONFLITTO SI ESTENDE ANCHE ALL'INFORMAZIONE


L'esperto spiega le difficoltà di una dinamica che si snoda tra embedded, operatori dell'informazione e libertà di stampa

 

 

Di Marco Rivalta, del 25 maggio 2015

 

L'attività giornalistica, pur nei limiti individuati dalla normativa vigente e nel rispetto delle indicazioni provenienti dai singoli Ordini professionali, rappresenta per sua natura una delle forme di maggior autonomia e libertà di espressione, quanto meno nei Paesi i cui ordinamenti giuridici sono caratterizzati dalla tutela di tale diritto civile e sono culturalmente orientati al dialogo ed al pluralismo. Ciò non toglie, tuttavia, che in determinate circostanze possano essere previsti limiti significativi a tale attività, come nell'ipotesi dei giornalisti attivi in ambiti a rischio, quali sono gli attuali scenari internazionali in cui sono presenti conflitti armati.

Può risultare quindi interessante esaminare alcuni aspetti inerenti all'accreditamento dei giornalisti presso il Contingente Nazionale operante all'estero, alla loro permanenza in Teatro Operativo, ed alle successive ipotesi di rientro in Patria ovvero di libera circolazione nel settore di competenza italiano.

Va in primo luogo chiarito, da un lato, che non ci si inventa giornalista, né tanto meno reporter di guerra, e, dall'altro, (e soprattutto), che la sola passione per il giornalismo non autorizza il professionista ad ignorare o, peggio, a violare, la normativa di riferimento in Teatro.

L'argomento diventa a questo punto particolarmente delicato, in quanto, normalmente, detta normativa sarà di natura complessa, e quindi potenzialmente conflittuale, concorrendo a regolare il fenomeno sia quella di origine politico militare del nostro ordinamento, che regola l'intera operazione militare italiana, sia quella dell'Organizzazione Internazionale, sotto la cui egida promana l'operazione, sia, infine, quella del Paese in cui è presente il Contingente nazionale, che normalmente è un Paese con elementi culturali, normativi e religiosi molto differenti da quelli quotidianamente assunti come riferimenti ordinari, e quindi percepiti come “normali”.

Se si prescinde dalla normativa di natura prettamente politica, che autorizza in generale la missione, altra fonte normativa di rilievo, che promana dal Ministero della Difesa, è costituita da un testo elaborato ed autorizzato a livello di Comando Operativodi vertice Interforze, in cui vengono indicate le norme che regolano la missione in Teatro Operativo e che possono essere ulteriormente precisate e meglio adeguate alle concrete necessità sul campo dal Comandante del contingente tramite l'attività del proprio Consulente Giuridico, meglio noto all'estero come “Legal Advisor” o con il più frequente acronimo “LegAd”.

 

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Una parte di tale documento disciplina anche l'attività di Pubblica Informazione (attività dedicata alla stampa) in Teatro Operativo, ovvero l'intera attività di informazione che viene gestita in forma istituzionale dal Contingente nazionale, ivi inclusi i rapporti con gli operatori mediatici esterni, ovvero i giornalisti che vengono di volta in volta accreditati, i quali assumono, pertanto, la qualità che in lingua inglese viene definita “embedded” e che in italiano si può rendere con il termine “incorporati”, proprio nel senso di giornalisti che fanno parte del Corpo Militare distaccato all'estero. I giornalisti accreditati e destinati al Teatro Operativo, sottoscritta la dichiarazione di manleva da responsabilità a favore del Ministero Difesa, si trovano a gestire la propria attività nel complesso ambito normativo descritto poco sopra.

Il rilievo è doveroso e di pregio, in quanto le norme che disciplinano l'accesso dei giornalisti in Teatro Operativo e quelle che garantiscono in Italia la libertà di informazione non possono essere lette in modo svincolato da quelle a vario titolo disposte al fine di garantire la sicurezza del Contingente nazionale; non va, infatti, dimenticato che il Comandante dello stesso, al massimo livello, e, per quanto attiene ai livelli inferiori, i vari Comandanti, che dal primo dipendono gerarchicamente, sono tenuti a garantire la sicurezza di quanti, militari o civili che siano, sono posti sotto la loro responsabilità.

 

Il grado di minaccia in TO

In tal senso appare di massima delicatezza e importanza la corretta individuazione del concreto stato di minaccia, e quindi di conseguente allerta, presente in Teatro Operativo, in quanto le norme vigenti in tema di sicurezza della Base, presso la quale sono accreditati i giornalisti, e, più ampiamente, della "Zona di operazioni", in cui viene esercitata l'attività del Contingente nazionale, possono prevedere condizioni più restrittive in tema di libertà di movimento sia del personale militare sia del personale civile presente in Teatro Operativo, in base alle condizioni presenti in loco accertate dai competenti servizi predisposti a tal fine.

Le condizioni del Teatro Operativo vengono classificate in funzione dell'effettivo pericolo esistente e della conseguente minaccia cui si trova esposto il personale militare e civile. Tale classificazione, frutto dell'attività informativa acquisita “sul campo” a vari livelli e da diverse tipologie di operatori, permette di individuare il livello di rischio e le necessarie contromisure da adottare da parte dei soggetti presenti in Teatro Operativo, che riguardano, in primis, la possibilità o meno di effettuare uscite dalla Base e, inoltre, le modalità in cui le stesse possono aver luogo; a tal fine viene previsto il tipo di equipaggiamento, ivi inclusi armi e dispositivi di protezione, la tipologia della scorta, il percorso ed il personale da impiegare.

Va precisato che, pur restando ferma l'autonomia del Comandante del Contingente di adottare, di volta in volta e sotto la propria responsabilità, singole decisioni, in forma di specifici ordini o di normative ad hoc, come la cosiddetta “Walking Out Policy”, il riferimento primario è dato dall'insieme delle norme vigenti sia a livello nazionale sia in ambito internazionale, originate a livello O.N.U. o N.AT.O. In ogni caso ciò che rileva in modo prioritario è sempre la sicurezza dei soggetti impiegati in Teatro Operativo, militari e civili, per i quali sono sempre previsti efficaci piani di evacuazione, in funzione della situazione di pericolo, così come riportata dai militari impiegati e dai Servizi di Intelligence.

 

La relazione stampa-militari

Va altresì ricordato che dalle premesse di cui sopra deriva una immediata considerazione, ovvero che, trattandosi di Teatro Operativo, i giornalisti non sono autorizzati, normalmente, ad allontanarsi dalla Base da soli, per realizzare il servizio informativo, circostanza, questa, che determina frequenti incomprensioni tra i professionisti accreditati e chi è preposto, in ambito militare, a regolarne l'attività ed a garantirne la sicurezza; il potenziale contrasto è evidente, in quanto i giornalisti, il cui interesse ed il cui obiettivo primario è finalizzato a fornire notizie di prima mano, sono tendenzialmente disposti a “superare” i limiti posti dalle norme vigenti in materia di sicurezza, mentre di diverso avviso sono evidentemente coloro che devono garantirne l'incolumità.

Va ancora ricordato che i giornalisti accreditati nei Teatri Operativi hanno in genere già consolidato esperienze anche in altre situazioni simili, o anche più pericolose, per cui percepiscono come illegittime le significative limitazioni cui talora sono soggetti, ma che sono strettamente finalizzate a garantire la sicurezza e ad evitare, conseguentemente, responsabilità al Comandante del Contingente e, in linea gerarchica discendente, anche ad altri soggetti.

Quanto appena detto vale anche qualora il giornalista decida di rinunciare a qualsiasi forma di risarcimento per sé o i familiari in caso di sinistro, che può consistere, non va dimenticato, nel ferimento, nel sequestro, o addirittura nella morte; non si tratta, ad avviso di chi scrive, di esimenti tali da risultare di pregio in un successivo procedimento giudiziario che dovesse accertare l'eventuale responsabilità riconducibile al Comandante di Contingente e/o agli altri soggetti cui si è accennato; irrilevante sarebbe pure l'esistenza di una copertura assicurativa, per quanto adeguata, ovvero operativa anche in caso di conflitto armato, ed in vigore.

E' opportuno rammentare che ci troviamo di fronte a diritti di tale rilievo e valore, quali l’integrità fisica e la vita umana, che per il nostro ordinamento, a differenza di altri, non sono considerati alienabili e condizionabili neppure per decisione dei singoli interessati, anche se giornalisti ed anche se per una buona causa, quale è l'informazione.

Dal punto di vista normativo, appaiono a maggior ragione non condivisibili e irrilevanti per la esclusione di responsabilità della linea di comando, eventuali asserzioni che i professionisti accreditati possano fornire in ordine a pretese o effettive autorizzazioni ricevute in ambito Ministero Difesa, a qualsiasi livello, per quanto attiene ad una possibilità di autonomia più ampia di quella prevista dall'insieme delle norme vigenti in Teatro Operativo in materia di sicurezza, da un lato, e dalle disposizioni specificamente impartite in forma di ordini o normative ad hoc dal Comandante del Contingente Nazionale, dall'altro.

 

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Il teatro  operativo è ricco d'insidie e non basta la scorta armata per garantire l'incolumità degli operatori dell'informazione. Foto web 

 

 

I "pilastri" della buona convivenza in TO

Le considerazioni precedenti, lette nel loro complesso, portano alle seguenti conclusioni:

  1. il Comandante del Contingente nazionale ed i Comandanti a ogni livello restano responsabili della sicurezza del personale direttamente dipendente o, a qualunque titolo, posto sotto la propria responsabilità, ivi inclusi i giornalisti accreditati;
  2. i Comandanti devono adottare le misure necessarie a garantire la sicurezza in base al livello di rischio ed al contesto ambientale in cui si trovano ad operare, nell'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza di emanazione nazionale o sovranazionale;
  3. nessun altro soggetto, diverso dal Comandante del Contingente, sembra autorizzato a sostituirsi legittimamente allo stesso in ordine alle valutazioni della minaccia ed alle autorizzazioni a lasciare la Base; tale circostanza è del tutto in linea con la necessità di dover valutare le concrete condizioni di sicurezza in Teatro Operativo;
  4. ogni eventuale diversa indicazione può solo costituire, dal punto di vista giuridico, un mero parere, assolutamente non vincolante per l'Organo Giudicante, eventualmente chiamato a pronunciarsi su un sinistro e sulle correlate responsabilità, e che non trova, peraltro, alcun fondamento giuridico in alcuna norma dell'ordinamento militare e civile;
  5. la sottoscrizione di qualsiasi dichiarazione liberatoria, nell'ordinamento italiano, in ordine ai diritti c.d. “inalienabili”, quali la vita o l'integrità fisica, non ha valore alcuno in ordine a pretese esclusioni o riduzioni di responsabilità in capo a quei soggetti che hanno l'obbligo giuridico di garantire detti diritti, a meno che si versi in situazioni espressamente individuate nell'ordinamento giuridico (si pensi al caso del medico che, dovendo operare un paziente, debba necessariamente causare delle lesioni personali, normalmente costituenti fattispecie di reato);
  6. quanto indicato al precedente punto non esclude, da un lato, che detta dichiarazione liberatoria possa invece assumere efficacia scriminante in tema di responsabilità in ordinamenti giuridici diversi da quello italiano e, dall'altro, che si siano eventualmente verificate erronee applicazioni della normativa vigente, le quali, tuttavia, non costituiscono un precedente atto a modificare i principi enunciati in materia.

Ulteriore motivo di riflessione riguarda il periodo di tempo in cui i giornalisti accreditati presso il Contingente Nazionale possono trattenersi presso la Base Militare, che corrisponde di fatto al periodo di tempo che è stato autorizzato all'atto dell'accreditamento stesso, salvo proroghe, oggetto di apposita autorizzazione, o salvo l'impossibilità oggettiva, dovuta a situazioni contingenti, di evacuare i professionisti.

 

Conclusioni

Da quanto sopra discende che la responsabilità del Comandante, presso il quale il giornalista è stato originariamente accreditato, cessa solo nel momento in cui il giornalista lascia l'area di competenza soggetta alla sua responsabilità, a nulla rilevando dichiarazioni liberatorie o, ancor peggio, pareri di soggetti privi di qualsiasi autorità o titolo in grado di sollevare il Comandante dalle proprie responsabilità.

E' quindi possibile concludere che, se da un lato l'accreditamento implica un obbligo a carico del Comandante del Contingente Nazionale di garantire la sicurezza dei giornalisti, questi ultimi saranno a loro volta obbligati ad osservare le più volte citate disposizioni impartite in tema di sicurezza, la cui violazione potrà essere foriera di responsabilità e potrà altresì comportare l'immediato rimpatrio dei giornalisti stessi, e ciò sia al fine di tutelare la loro incolumità sia al fine di evitare possibili responsabilità a carico del Comandante per fatti a lui estranei ed in ordine ai quali non avrebbe altrimenti alcuna possibilità di controllo (si pensi al caso del militare o del giornalista che lascia la Base senza la debita autorizzazione o addirittura in violazione dell'ordine esplicito di restare all'interno).

Da ciò consegue che, per quanto potenzialmente limitativa dell'attività giornalistica e di libera informazione, la circostanza che non sia concesso ai giornalisti lasciare la Base a semplice richiesta non potrà in alcun modo essere interpretata quale limitazione illegittima della libertà personale o dell'esercizio della professione, in quanto detta limitazione trae la propria origine ed il proprio fondamento dalle normative citate ed è finalizzata a garantire la sicurezza del personale civile e militare dipendente dal Comandante, nonché a garantire quest'ultimo da responsabilità derivanti dalla condotta di terzi.

In estrema sintesi, può concludersi che ci si trova di fronte alla possibilità di gestire, con adeguate e caute decisioni, la necessità di osservare leggi, regolamenti e ordini per garantire l'incolumità e la sicurezza del personale, da un lato, e la necessità di permettere il pieno svolgimento dell'attività di giornalismo, dall'altro.

Dal punto di vista strettamente giuridico sarà quindi opportuno che le disposizioni normative, emanate dal Ministero Difesa e regolanti l'accesso e la permanenza dei giornalisti accreditati in Teatro Operativo, prevedano un chiaro ed espresso obbligo dei professionisti di osservare tutte le disposizioni in tema di sicurezza vigenti in Teatro Operativo nonché gli ordini impartiti dal Comandante del Contingente Nazionale in tema di sicurezza, che potranno anche vietare, in funzione delle condizioni presenti e del conseguente livello di allerta, la possibilità di uscire dalla Base, anche con la protezione del servizio di scorta.

 

 

 

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Marco Rvalta, è avvocato patrocinante in Cassazione e nelle Magistrature Superiori. Ha iniziato la propria attività quale giurista d’impresa presso un importante centro di ricerca nel settore delle telecomunicazioni con assidue collaborazioni con altri centri di ricerca in Italia e all’estero, nell’ambito di progetti finanziati dalla Commissione Europea. In oltre vent’anni, ha maturato significative esperienze in ambito civile, penale e societario in Italia e all’estero. E’ anche tutore e amministratore di sostengo su nomina del Tribunale di Torino e di privati; svolge attività stragiudiziale e giudiziale inerente al diritto miliare, penale militare e sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Per informazioni: Studio legale Rivalta, Via Gioberti, 40 Torino. Tel 011 5611830, rivalta.marco@gmail.com

 

 

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