FLUSSI MIGRATORI: L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA SI CHIAMA "SICUREZZA"!


Dopo il salvataggio dei profughi si delineano altre questioni, come la reale possibilità d'infiltrazioni terroristiche nel nostro Paese

 

 

 

Di Cristina Ferrigni, giornalista radiotelevisiva                                                                                    

Del 20 aprile 2015

 

 

Ancora migranti, ancora stragi del mare, ancora morte. Le cronache oggi riportano notizie sempre più sconcertanti sulla sorte di povera gente alla ricerca di una possibilità di vita. Il dispositivo italiano per salvare l'ennesimo barcone in difficoltà nel Canale di Sicilia non ha tregua e registra un numero sconsiderato di cadaveri. Tanti anche i sopravvissuti tra cui donne e bambini. Ma cosa accade dopo che l'emergenza rientra e si ritorna al monitoraggio del fenomeno e quali possono essere le conseguenze per i cittadini italiani? Siamo andati a far visita a una delle strutture in Puglia, preposta all'accoglienza di chi, dopo aver rischiato la vita su quei barconi, spera in una vita migliore.

Il tricolore sventola. Segno inequivocabile di uno Stato che c'è. Su un cartello in metallo giallo apposto sulla rete d’ingresso del CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Bari c'è scritto: «Zona militare. Divieto di accesso. Vigilanza armata».

 

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Un barcone carico di migranti. Foto MMI

 

Regolarmente due camionette dell'Esercito si danno il cambio, più volte al giorno, nel pieno rispetto dei turni di lavoro. Un meccanismo perfetto che sembra agire indisturbato dal via vai d’immigrati (per la maggior parte africani e asiatici) che si guadagnano la via di uscita scavalcando la recinzione in metallo alta più di quattro metri.

Ha fatto scalpore nei mesi scorsi il caso del CARA di Bari-Palese, dove per gli ospiti è ormai una abitudine consolidata, oltrepassare la linea di confine saltando il recinto, evitando così i dovuti controlli alla portineria, come invece prevede la regola.

Nonostante il clamore mediatico della notizia, ancora oggi l'emorragia degli immigrati dal centro che li ospita, continua, inarrestabile. Nessun sistema di sorveglianza sembra vigilare sulle uscite e sui rientri dei rifugiati. Si dividono a gruppi e si spartiscono i quartieri, gli angoli della città, le mense.

Chiedono elemosine fuori dai supermercati, qualcuno ha trovato anche lavoro nelle pizzerie o in ristoranti come lavapiatti. Fin qui nulla da dire.

I profughi non sono criminali. Ma in tempi di massima allerta, registrare l’identità di chi entra in un Paese è il minimo indispensabile per garantire la sicurezza dei cittadini. L'allarme di possibili infiltrazioni terroristiche, attraverso il flusso migratorio, cresce di giorno in giorno. E se è vero che in Italia tutti i livelli di allerta di mobilitazione delle forze di sicurezza sono al massimo e concentrati sulla minaccia terroristica, lo si deve dimostrare anche nei fatti.

 

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Un momento della fuga dal CIE. Foto web

 

Gli abitanti delle città che ospitano i centri di accoglienza e i CIE (i Centri di Identificazione ed Espulsione), più degli altri chiedono garanzie allo Stato. Vogliono assicurarsi che sul territorio almeno non circolino attentatori ed estremisti. Ancora oggi sfuggono ai controlli più di 104.000 stranieri sbarcati l'anno scorso sulle nostre coste. Dei 170.800 arrivati in Italia, soltanto 66.000 risultano registrati e ospitati nei centri.

Tra loro, siriani, eritrei, somali, ma anche nigeriani, malesi, e cittadini del Gambia. Il rischio di favorire l'ingresso nel nostro Paese a jihadisti dell'Isis, attraverso il canale migratorio, si trasforma nella paura concreta, da parte dei cittadini, di possibili attacchi terroristici.

Non soltanto nei luoghi attualmente ritenuti "obiettivi sensibili". In ordine di tempo: la Sacra Sindone (esposta a Torino dal 19 aprile), l'Expo di Milano (in programma da maggio a ottobre), e il Giubileo straordinario indetto dal Papa, a dicembre.

L'incubo dell'infiltrazione di cellule terroristiche legato alla presenza straniera interessa, indistintamente, tutte le regioni del Paese e in tutti i periodi dell'anno. È sul senso di insicurezza percepito della gente che i neo- terroristi fanno leva. La loro forza risiede e si alimenta delle paure del popolo, tempestato quotidianamente da messaggi intimidatori e crudeli che passano anche attraverso i canali più diffusi della comunicazione di massa.

Da simboli del progresso, i social network che diffondono immagini violente, stragi nei musei e decapitazioni, rischiano di diventare un'arma molto potente a disposizione di gruppi di ribelli, col pericolo di amplificare gli obiettivi delle stesse organizzazioni terroristiche che ormai usano farsi propaganda sulle piattaforme multimediali. Pubblicare video e foto di quel genere non fa altro che esaltare la loro forza e certificare la nostra debolezza legata alla paura di possibili attacchi.

 

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La minaccia terroristica, una realtà consolidata. Foto web

 

Inizialmente soltanto una preoccupazione sociale di natura ideologica avvertita dalla società. Oggi, terrore psicologico di attacchi dinamitardi nei luoghi di culto, nei musei, nelle piazze delle città. La presenza massiccia di immigrati sul territorio nazionale, triplicata negli ultimi tre anni (a causa delle crisi umanitarie nell'area del Mediterraneo) ha contribuito ad accrescere il timore di possibili infiltrazioni terroristiche. Un allarme reale provato dai numerosi arresti sul territorio nazionale di persone ritenute componenti di cellule del terrorismo islamico.

Se fino a pochi anni fa l'accoglienza degli immigrati in Italia veniva vissuta con la sola preoccupazione di stabilire una convivenza civile tra le diverse etnie, di dover trovare spazi adeguati per ospitare i profughi, oggi le cose sono cambiate. Alla crescita del numero di stranieri sul territorio si associano timori di ordine superiore. Paure amplificate dalla scarsa familiarità con una cultura e una ideologia che seppur non ci appartengano, condizionano la nostra esistenza.

Il rischio di trovarci di fronte a gruppi di estremisti o a cellule terroristiche di matrice islamica esiste. È reale e concreto. Ma non dobbiamo dimenticare l'altro aspetto legato al fenomeno dei flussi migratori. L'altra faccia della stessa medaglia che vede dietro ogni migrante una storia di terrore e violenze. Scappano dalla guerra, dalle bombe, molti di loro hanno perso anche familiari e amici, decapitati per mano dell'Isis.

Sulla loro pelle qualcuno ha giocato sporco. Anche nella terra deputata alla loro salvezza, l'Italia. L'inchiesta di mafia capitale insegna. Ma qui si apre un altro capitolo.