IL FENOMENO FOODSTAGRAM E IL SUO VALORE COMUNICATIVO ATTRAVERSO I SOCIAL MEDIA IN UNA PROSPETTIVA TRANSLINGUISTICA


Fotografare il cibo per condividerlo via social è una nuova pratica sociale, che però rivela comportamenti di dipendenza ma soprattutto, d’isolamento emotivo. Una breve analisi del fenomeno per meglio comprenderne i meccanismi.

 

 

 

Di Raffaella Scelzi, del 11 dicembre 2014

 

 

In questa nuova società materialista digitale, vi è una crescente preoccupazione circa gli scenari e i nuovi contesti sociali, i modelli e le percezioni dello spazio di comunicazione che ne risultano ri-strutturati. Partendo da una serie di considerazioni che riguardano questo nuovo ambiente culturale eterogeneo di Internet, l'emergere di nuove identità e soggettività singolari, le nostre percezioni appaiono cambiate dopo il nostro lavoro quotidiano con i computer, come afferma il critico letterario postmoderno NK Hayles. A volte tali spazi non fisici incoraggiano all’evasione, a comportamenti di dipendenza e d’isolamento emotivo. Il fenomeno Foodstagram è la somma di alcuni di questi aspetti, poiché unisce fotografia di cibo e social media e il suo significato è analizzabile in una prospettiva translinguistica e sociosemiotica se si pensa ad esso come ad una forma di pratica sociale e forma di testo in rete che circola sul web. Questo fenomeno è stato indagato come nuovo modo di comunicare attraverso un particolare social network chiamato Instagram, noto per il photo-sharing e il video-sharing, ovvero la condivisione di foto e video sul cellulare.

 

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Scattare foto del cibo da condividere sui social, è la nuova pratica sociale dicono gli esperti. Foto web

 

Il teorico dei media, la dott.ssa Sherry Turkle afferma che 'per coloro che sono soli e hanno ancora paura dell'intimità, la tecnologia dell'informazione ha permesso di avere l'illusione della compagnia, senza le richieste di amicizia' (Turkle, 2004). Il critico letterario postmoderno NK Hayles afferma che 'noi siamo già cyborg, nel senso che noi sperimentiamo, attraverso l'integrazione delle nostre percezioni corporee e le proposte di risoluzione con architetture e topologie, un mutato senso di soggettività'. Egli introduce il concetto di materialità come una "proprietà emergente" che "dipende da come il lavoro mobilita le sue risorse come artefatto fisico e si basa sulle interazioni dell'utente con il lavoro e le strategie interpretative che includono la manipolazione fisica e i quadri concettuali” (Hayles 1999 p. 33). Hayles fa queste distinzioni per evidenziare l'importanza di una nuova conquista materiale nello studio di nuovi fenomeni, a sottolineare la necessità di ri-considerare l'essere umano come l'unione di corpo e di coscienza e non più come un semplice display di intelligenza incarnata separata da una coscienza.

 

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L'uso inappropriato dei nuovi media può portare anche a una forma di isolamento non solo emotivo. Foto web

 

I vecchi media, in particolare la fotografia del cibo qui analizzata, si trasformano in un testo il cui uso attraverso i nuovi media, evidenzia una connotazione sociale ed estetica attuata a causa di alcune regole precise nel fotografare il cibo e nella condivisione sui social network. Con l'uso dei nuovi media e di Internet un altro importante aspetto sociale deve essere preso in considerazione, come le nuove identità e soggettività singolari che emergono nel milieu eterogeneo del web. La nuova analisi materialistica del fenomeno Foodstagram nelle reti sociali rivela come i cosiddetti “foodstagrammers” vivono in una condizione che li definisce "Inforg", ovvero persone costantemente connesse (Floridi 2012, IX) che utilizzano una combinazione di cibo, fotografie e social media come pratica sociale ed espressione artistica della loro nuova identità. Questo è esattamente ciò che accade con le fotografie su Instagram, le foto Foodstagram sono il risultato di un bisogno di alcune persone di fotografare il cibo con regole precise che superano addirittura la necessità di mangiarlo. Quindi un comportamento materiale modificato e un nuovo modo di comunicare sul social network di Instagram, danno alle fotografie Foodstagram un nuovo significato culturale.

Nel passaggio dai vecchi ai nuovi media, il nostro rapporto con il cibo è cambiato al punto che questi strumenti hanno sovvertito alcuni valori culturali di base. Il sociologo Guido Nicolosi, nel suo libro “Lost food. Comunicazione e cibo nella società contemporanea del 2007, mostra come un aspetto importante della nostra società che egli chiama ortoressica, riguarda la rappresentazione mediatica del cibo e dell'alimentazione. Tale definizione importata dal linguaggio della medicina, individua una società in cui le persone sono ossessionate dalla iper-riflessione sul consumo di cibo sano. L'espressione "società ortoressica", ricorda la sindrome nervosa ortoressica, una malattia psico-culturale studiata dallo studioso Steve Bratman (2001), che è definita come un’ossessione per il nutrimento permanente e una iper-riflessione sul cibo.

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 Il cibo in una celebre scena del film Miseria e nobiltà con Totò del 1954. Foto web

 

Il particolare nuovo significato del cibo rivela quanto le persone si rendano conto dell'importanza e del ruolo dei social media nella vita quotidiana in cui sono rappresentate le loro vite. Il cibo, un tempo simbolo della cultura e dell'ideologia, in questa pratica individuale è destinato a essere un auto-espressione di un’identità propria e attraverso la fotografia anche un’espressione artistica di una nuova forma d'arte. Instagram è un cyberplace (cyberspazio) dove le persone condividono queste nuove forme di comunicazione che originano identità sociali e individuali in cui l’interesse per il cibo secondo il sociologo francese contemporaneo Jean-Pierre Paulaine (2002) crea un nuovo spazio sociale alimentare, sostenuto da nuove forme di comunicazione e d’informazione.

Di conseguenza gli studi teorici, l'arte, la letteratura e la vita quotidiana sono diventati più focalizzati sul tema del cibo, al punto che si parla di questa nuova condizione, il foodism come alimento-religione, un alimento-mania per indicare l’iper-attenzione contemporanea nei confronti del cibo.

Per essere un foodist che ama il cibo e si dedica alla foodism, bisogna ammettere di essere ossessionati o religiosamente coinvolti in una sorta di feticismo nell’ambito della cultura culinaria. Da atto essenziale per soddisfare un bisogno umano, che coinvolge le pratiche alimentari-nutrienti il cibo che ha da sempre avuto una rilevanza culturale e sociale, come diceva Barthes (1957), nella nostra società consumistica contemporanea, è diventato una sorta di moneta sociale, applicato e condiviso attraverso i social network e Internet, dove si trasforma in un modo per esprimere uno stile di vita, i gusti e gli atteggiamenti. Tutti, in tutto il mondo parlano di cibo, soprattutto in un ambiente cross-mediale virale che non si ferma mai.

 

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Un sacco di ostacoli sono stati oltrepassati se si considera quanti importanti pregiudizi di genere e sul cibo e sul suo consumo, sono stati abbandonati. Una volta le pratiche quotidiane erano controllate da donne in una forte relazione tra il corpo e la propria trasformazione dopo il sacrificio di rinuncia o consumo di alimenti, in particolari luoghi e momenti. Questo è menzionato anche nel libro I Segni del Corpo (2011) in cui si legge come, dal punto di vista di genere, il concetto pregiudizievole dei ruoli femminili considerati come complementari rispetto ai tradizionali ruoli maschili, è abbandonato. 

Il fenomeno Foodstagram ei suoi processi comunicativi possono essere analizzati con il paradigma sociosemiotico fondato sulle dichiarazioni e le teorie di Roland Barthes e Ferruccio Rossi-Landi. L'interesse per le dichiarazioni Rossi-Landi applicate agli studi alimentari riguarda le idee di produzione e di comunicazione in una riproduzione sociale. Egli riflette sulla riproduzione sociale affermando che l'organizzazione strutturata di consenso sociale porta all’omologazione dei bisogni umani che favoriscono la ripetizione inconscia di programmi di comunicazione e comportamenti alienanti (Calefato 2008: 22). Attraverso i nuovi media la fotografia del cibo è ri-presentata e attraverso le tecnologie web multimediali, come la fotografia digitale del cibo, Internet e il suo utilizzo sulle reti sociali, il cibo fotografato è studiato come testo, come genere web semiotico della fotografia digitale generando in questo caso la pratica sociosemiotica chiamata Food-stagram.

 

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Se consideriamo Foodstagram come una forma di media art, dove il cibo è materiale ma è allo stesso tempo né commestibile né tangibile, potremmo citare l'idea di Luciano Ponzio di Artesto, come un testo artistico, un testo della Scrittura che si allontana da categorie ordinate di scrittura, l’artesto, per come si fa configurando, si discosta dalle categorie cataloganti e si sottrae ad ogni almanaccatore che lo vorrebbe imbalsamare nel contesto di uno spaccato spazio-temporale “reale”. (Ponzio L., 2012: 52). Luciano Spaziante in “Sociosemiotica del pop”, ha detto che la manipolazione continua dei materiali artistici e culturali realizzati dai nuovi media e la cultura popolare, sono ad una linea di confine in cui la ri-mediazione produce tensione verso altri testi e rinegozia il rapporto tra la realtà e la realtà virtuale.

Oggi, nel passaggio dalla virtualità alla realtà, la tecnologia implica la "modellazione e l’interpretazione del mondo", come concepito da Sebeok (1991). Secondo Sebeok, nel presente, la comunicazione non è più solo una fase intermedia del ciclo produttivo (produzione, scambio, consumo), ma è diventata la modalità costitutiva dei processi di produzione e di consumo. La comunicazione non è solo scambio stesso, ma anche la produzione e il consumo. Infatti la produzione si basa su processi comunicativi cui espressione più evidente è l'automazione, la robotisization, (robotizzazione) l’informatizzazione e le informazioni online. Nell'esperienza Foodstagram di Artesto siamo voyeurs e allo stesso tempo abbiamo bisogno di mantenere l'attenzione su di noi come Sherry Turkle osserva quando dice “condivido dunque sono”. Il particolare caso di studio del fenomeno Foodstagram, è la realizzazione di nuovi significati della comunicazione nel nuovo medium della fotografia digitale il cui senso è dato dalle reti sociali di Internet e ci induce a riflettere sul ruolo dell'identità nella società contemporanea della New Media Age che è concepita non solo all'interno di una società di consumo, ma anche in una società in rete.

 

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Considerando la fotografia del cibo il risultato dell'uso della tecnologia applicata alla fotografia, questo fenomeno può essere interpretato come una democratizzazione delle pratiche estetiche e sociali, una volta dominio esclusivo delle classi superiori della società. Come risultato di ciò, il Foodstagram può essere interpretato come la via principale per esprimere la libertà di un singolo consumatore nelle scelte, come un vero e proprio elemento del nuovo stile di vita borghese, ma allo stesso tempo deve essere considerata come espressione della passione. A volte traduce una libera scelta, altre volte invece in base alle categorie Peirceiane traduce un comportamento abduttivo, un contagio virale derivante dall'uso pervasivo dei nuovi media. La fotografia Foodstagram è dunque una pratica sociale ed estetica, il risultato di una condizione narcisistica aumentata della nostra società e, soprattutto, il risultato della conseguente democratizzazione e dell'empowerment delle tecnologie convergenti sempre più utilizzate. I Foodstagrammers sono dei foodiest e degli Inforg ovvero persone che con l’esperienza sui social media originano nuovi testualità dominanti che si rivelano essere vere forme di linguaggio.

 

 

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Raffaella Scelzi, docente nella scuola secondaria di 2^ grado di lingua inglese e di lingua francese, è dottoranda in Teoria del linguaggio e Scienze dei segni presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro,” con una ricerca su “viralità e nuovi media” e un particolare interesse per lo studio delle lingue e dei  linguaggi della disabilità,  soprarttutto la LIS. Oltre al libro, a sua cura, I segni del corpo Bari, Progedit, 2011, ha pubblicato diversi articoli su riviste scientifiche italiane e straniere.

 

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