PROGRAMMA DI SVILUPPO DELLE NAZIONI UNITE: RIFLESSIONE SUL MODELLO DI GENERE OCCIDENTALE NEI PAESI AFRICANI; DIARIO DI VIAGGIO DALLO ZAMBIA


Un corso sui “crimini di genere” organizzato dallo Zambia Law Development Commission, sponsorizzato dall’UNPD con un docente italiano. Quando la democrazia di stampo occidentale si lega al modo di vivere e sentire la società.

 

 

Di Leandro Abeille

 

Lusaka (Zambia), 07 ottobre 2015

 

 

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Fotografie di una realtà sociale molto diversa dalla nostra. Lusaka (Zambia). Foto L. Abeille

 

Non a tutti è chiara un'ovvieta: non basta una legge per fermare le violenze domestiche, lo stalking e i femminicidi. Anche una legislazione avanzata come quella italiana, che prevede misure penali e amministrative molto severe, non può prescindere da tre aspetti fondamentali: l'antropologia, la sociologia e la psicologia. La prima perchè l'uomo si è strutturato secondo millenni di storia, in cui il genere maschile era, nella maggioranza delle culture, dominante. La sociologia, perchè l'uomo è un animale sociale che apprende comportamenti e ruoli dalla società e infine, la psicologia che ha dimostrato, non ultimo con l'esperimento della "bobo doll" di Bandura, che la violenza è uno dei comportamenti appresi. Anche la psicologia ci riporta però all'antropologia e alla sociologia, in quanto, ci dice che la violenza non è, probabilmente, innata ma viene praticata se ritenuta efficace per il fine da raggiungere e di conseguenza, il rapporto violenza/efficacia può solo essere appreso a livello delle istituzioni primarie, in primis la famiglia.

La sociologia allora gioca un ruolo cruciale, in quanto, si pone tra i cambiamenti culturali, cioè antropologici e le istanze psicologiche relative alla comprensione del comportamento. Un cambiamento del modo di fare della società è un cambiamento della cultura dominante e del comportamento dei singoli. Tutto ruota intorno alla devianza, se o quando le violenze di genere saranno ritenute devianti, le persone inizieranno a praticarle con meno assiduità. In questo senso la legislazione aiuta poiché l'antigiuridicità, seppur ancora non percepita appieno, aiuta a sviluppare quel senso di devianza che rende le persone meno propense ad attuare un certo comportamento.

Se nei paesi occidentali la violenza di genere è un problema percepito perlopiù dalle vittime, è in molti strati della società ancora troppo giustificata. Questo tipo di violenza diverrà sempre più deviante, quanto lo sarà ritenuto tale da sempre più persone. Per violenza di genere s'intende quella attuata a causa del genere, cioè non solo del sesso ma anche del ruolo sociale e psichico attribuito a quel sesso. La violenza di genere è maschile, nel senso che il maggior numero di persone a praticarla sono gli uomini, anche se le donne danno cenni di recupero.

 

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 Centro urbano dalle caratteristiche tribali (Zambia). Foto L. Abeille

 

La violenza va verso il più debole, per cui alla sindrome da "battered woman" (le donne che subiscono violenza), si inzia ad assistere a quella dei "battered men": uomini che per ragioni sociali, psicologiche o ancora fisiche diventano i più deboli e oggetto di violenza da parte delle compagne. Quest'ultimo tipo di violenze, tuttavia, sono poco considerate dalle statistiche e dalle denunce alle forze dell'ordine e di conseguenza, anche dalle tutele delle nostre leggi.

In Africa il problema della violenza di genere è sentito a livello delle istituzioni ma molto meno dalle gente. Le istanze della società si trasformano in leggi e consuetudini e per cui in Africa, come in tutto il resto del mondo, se non cambia la visione sociale di un comportamento non ne viene percepita la devianza e di conseguenza l'antigiuridicità. Invece, siccome noi occidentali ci reputiamo "una cultura superiore", forse retaggio di quel razzismo strisciante post-colonialista, intendiamo esportare leggi senza dimenticare che le culture sono diverse. In Afghanistan volevamo togliere il burka alle donne, nell'errata convizione che il velo (anche se non il burka) sia un’imposizione maschile, quando in realtà è una prescrizione religiosa (Sura Al Nur, vers. 31) e chi vuole essere una buona credente deve aderire a questa prescrizione. 

In Africa, vorremmo portare la parità dei diritti, forzandola con convenzioni ONU e UE che provengono da una serie di lotte delle donne in Europa e negli Stati Uniti ma che non hanno corrispettivo in altri paesi del mondo. In molti paesi africani l'eguaglianza tra uomo e donna viene garantita per legge e viene vietata ogni forma di discriminazione in base al sesso, nonostante questo, le donne sono discriminate e confinate nei ruoli tradizionali, in special modo nelle aree rurali. In Cameroon la legge civile permette ai mariti di opporsi legalmente al lavoro delle proprie mogli, se d'interesse (a giudizio dell'uomo) della famiglia. Il marito può rivolgersi al Tribunale civile e far revocare, ad esempio, la licenza di commercio della moglie. In alcuni paesi è diritto del marito picchiare la donna: in Nigeria, il codice penale stabilisce che il marito può “correggere” la moglie se da questo non risultino seri danni fisici come la perdita della vista, della parola o il volto sfigurato.

 

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Scene di vita quotidiana tra i fanciulli (Zambia). Foto L. Abeille

 

In un clima simile è inziato un corso, organizzato in collaborazione tra il Zambia Law Development Commission, sponsorizzato dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD), sui crimini di genere, insegnato da un sociologo italiano: lo scrivente.

Lo Zambia, in Italia, è quasi un paese sconosciuto (il 99% degli italiani deve guardare google earth per capire dove sia), ha un passato coloniale inglese e forse, chi scrive non l’ha percepito così lontano, solo perchè fu concepito da quelle parti, in Rhodesia del Sud ora Zimbabwe. Il corso, rivolto ai Public Prosecutors, ai responsabili dei Victim Support Unit e agli State Advocates, si è snodato su quello che, alla luce di quanto già detto, sembrava più idoneo alla comprensione del fenomeno, l'associazione tra cultura e società e diritto, che viene desunto dalle convenzioni ONU o Europee come quella di Istanbul. In Zambia – come confermato dal rappresentate del governativo l'avv. Gilbert Mwanza – le donne vengono “comprate” dai mariti per essere sposate, si chiama “lobola” ed è una tradizione in cui la famiglia del marito e della moglie decidono il prezzo di quest'ultima. Prezzo che deve essere necessariamente pagato e in nessun caso può avvenire un matrimonio senza che ci sia stato il pagamento. Un matrimonio senza “lobola” è un grande scandalo e più la donna viene pagata più vale. Si potrebbe affarmare che se in Italia le donne desiderano un abito bianco e una cerimonia sfarzosa, in Zambia desiderano anche un cospicuo "lobola".

 

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"Sentire e vivere" la società nelle sue modalità, è il primo passo per una corretta interazione comunicativa (Zambia). Foto L. Abeille

 

Stante questo pagamento, percepito quale apprezzamento per le doti della futura sposa, è normale che gli uomini considerino la propria moglie come qualcosa di loro proprietà, considerando anche che la stessa viene indottrinata con un corso di un giorno, obbligatorio, per diventare una buona servitrice del marito. Nel caso dovesse mancare a questo suo ruolo, verrebbe rimandata dalla famiglia del marito, per apprenderlo meglio e la sua permanenza potrebbe durare fino ad un anno. In questa ottica si capiscono meglio le statistiche che parlano del 38,8% (Zambia Demografic and Health Survey 2013-2014 Zambia Central Statistic Office&US-DHS Program) delle donne che subiscono violenza fisica in Zambia dagli attuali mariti. Le ragioni sono semplici: gelosia, scarso soddisfacimento delle pretese nello svolgere i compiti di casa (cibo, bambini), litigi e rifiuto di avere rapporti sessuali. Quest'ultimo è emblematico della situazione femminile, stante il fatto che l'imposizione, anche violenta, di fronte al rifiuto della donna di avere rapporti sessuali con il marito legalmente sposato, non è considerabile, in Zambia, violenza sessuale. In questo clima un corso sulle violenze di genere non poteva essere una sterile elencazione di convenzioni straniere, ma una seria ritrattazione del modo di vivere e di sentire dei discenti, in modo che loro stessi valutassero l'idea che la violenza è sbagliata, in quanto inutile e non perchè riferibile ad un concetto occidentale e che la parità era tale perchè anche in Zambia le donne tirano avanti l'economia e la politica e non sono solo donne di casa e mamme.

Un corso allora di prospettiva culturale e di diritto, basato sulla comprensione delle vittime e sulla ormai vetusta mentalità di predominanza maschile; che dimostra di essere degna del colonialismo che, i paesi africani, hanno saputo combattere e abbattere; che sappia non solo formare ma convincere sulla bontà di un processo di rivoluzione culturale delle donne che, in Africa, ancora non è iniziato. Un corso che ha trasmesso al docente, più di quanto lo stesso abbia insegnato e che per l'ennesima volta è la riprova che l'imposizione delle idee proprie agli altri quale, ad esempio, la democrazia di stampo occidentale è sbagliata quando non si lega al modo di vivere e di sentire della società. La condivisione delle idee e l'elaborazione spontanea delle politiche è il giusto viatico, perchè è certo che gli uomini sono diversi, così come le culture e le società. Imporre un sistema, solo perchè occidentale, non è altro che il primo segno di razzismo. E questo, i sociologi dovrebbero saperlo bene.

 

 

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Leandro Abeille è giornalista e sociologo, OSCE Law Enforcement Instructor. 

 

  

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